Una mostra che richiama il tema della precarietà della vita e la rinascita, laddove il paesaggio sembra suggerire solo morte e distruzione.
Questo il tema portante della nuova esposizione nella Galleria d’arte Spazioquattro di Via Ghibellina firmata Piero Basilicò, un artista della ceramica che realizza opere uniche nella tecnica e nella forma, ispirandosi di volta in volta a dei temi ben precisi.
Il titolo della mostra, inaugurata ieri pomeriggio, è “Hibakujumoku. Gli alberi sopravvissuti alla bomba di Hiroshima”. Un termine, abbastanza particolare, difficile da pronunciare, che i giapponesi usano da anni per indicare gli alberi che hanno resistito all’esplosione della bomba atomica a Hiroshima. L’artista ha realizzato le sue opere ispirandosi agli alberi devastati dal disastro della seconda guerra mondiale. Tema, quindi, molto attuale che ci proietta a terribili visioni del passato; in questo caso la ceramica diventa un mezzo espressivo di grande effetto.
“La visione degli alberi, l’idea di legarli a un racconto, a una narrazione sospesa nel tempo, ci dice Piero Basilicò, ha lasciato in me il posto a un diverso sentire: il bisogno di contestualizzare l’albero nell’oggi. Il contesto poetico in cui ambientare gli alberi, era per me ormai distrutto: ruderi, relitti, rovine come in Ucraina, come a Gaza, come a Hiroshima.”
Il 6 agosto del 1945, alle 8:15, una bomba atomica esplose a 580 metri dal suolo ad una temperatura di 4000°. Nel raggio di chilometri le radiazioni e il calore, provocati dalla forte temperatura, generarono morte: uomini, animali, alberi, case, tutto distrutto. Dopo mesi, con grande sorpresa, alcuni germogli spuntarono dal suolo: la terra aveva protetto dalle radiazioni e dal calore le radici più profonde di alcuni alberi. Oggi, una speranza: quei germogli sopravvissuti alla bomba atomica, dopo 76 anni, rilasciano ancora dei semi che vengono affidati a chi ne fa richiesta, per diventare alberi, simboli di resilienza e di pace, in altri paesi e città. La terracotta, il vetro, il ferro, il rame, materiali poveri si trasformano in sculture, installazioni e in fotografie.