La granita in Sicilia, dessert, bevanda con brioche col tuppo, spettacolo per il palato, invidiata anche all’estero.
Parlare di squisitezze in Sicilia e non pensare alla granita siciliana, tanto amata e imitata nel mondo, sarebbe un errore. È sempre stata freschezza del palato e rappresentazione del gusto degli isolani. Ci si è sempre chiesti se sia bevanda o gelato. Una casa è certa: in Sicilia può diventare colazione, pranzo o cena. L’importante che sia accompagnata da brioche, detta in siciliano brioscia, quella con il tuppo. Il suo sapore è indimenticabile dall’infanzia. In questa aspra terra, per certi versi, ma piena di colori, tutto è memoria, identificazione e menzione del passato. Della granita ce ne parla “Il Gattopardo”, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Partendo dal grande letterato, la granita siciliana diventa tradizione. Gli emigrati in America o nelle altre parti del mondo, giunti in Sicilia, non possono farne a meno di gustarla. Le sue origini risalgono alla dominazione degli arabi in Sicilia. Con la ricetta dello sherbet o sherbat ne risultò una fresca bevanda con succhi di frutta oppure acqua di rose. Figura importante era il nivarolo, che in inverno raccoglieva la neve sull’Etna oppure sui monti Peloritani, Nebrodi e Iblei. La neve raccolta era protetta dal caldo dell’estate nelle neviere, naturali o artificiali. Il ghiaccio, in estate, veniva prima raschiato e utilizzato per spremute, sorbetti e sciroppi. Nel XVI secolo la ricetta subiva un cambiamento. La neve veniva adoperata con il sale marino per dare refrigerio. Poi si utilizzò il pozzetto. Era un tino costruito in legno, internamente con una bacinella in zinco, ruotante da una manovella. Lo spazio vuoto veniva riempito con sale e neve, chiuso da un sacco di juta. Il congelamento avveniva per mezzo del calore estratto. Con la rotazione interna delle pale si impedivano le alte temperature; si evitavano, così, i grossi cristalli di ghiaccio. Nel XX secolo la neve è stata surrogata da acqua, miele e zucchero. È nata poi la moderna gelatiera e, dunque, il miscuglio diventa cremoso, gustosissimo senza aria. Le origini e l’inventore della granita siciliana, sembrerebbe ripercorrere il capolavoro di Giovanni Verga, “I Malavoglia”, nel paese di Acitrezza, provincia di Catania. Ad inventarla sarebbe stato Francesco Procopio dei Coltelli, cuoco vissuto nel ’700, tra la Sicilia e Parigi, conosciuto con il nome di “Le Procope”. L’avvincente storia è oggi ascoltata dagli ospiti del “Museo Casa del Nespolo” di Acitrezza. Pare che Francesco Procopio dei Coltelli, nel borgo marinaro di Acitrezza, dove avveniva il commercio della neve dell’Etna, abbia realizzato lo “squisito dolce”. Vox populi indica Procopio, ex pescatore figlio di Acitrezza, ma altre fonti lo vedrebbero nativo di Palermo, con il cognome di Cutò. Il cuoco siciliano, padre dei gelati è stato fondatore del più antico caffè di Parigi. Un’antica leggenda ci riporta la storia di Oxiria, giovane principessa fenicia, giunta in Sicilia per amore. La mitologia racconta del tempo della ragazza trascorso tra preoccupazioni, dubbi e il terrore della bellezza svanita. Si narra che l’antidoto per Oxiria sarebbe stata la miscela con la neve dell’Etna al gusto di frutti succulenti. In Sicilia spesso nei bar si richiede la “mezza con panna”.
Ciò si riferisce al gusto del caffè miscelato alla granita. Dagli anni ’50 era uso accompagnare la granita al caffè con pane biscottato. Il bicchiere utilizzato era differente da oggi. In un primo tempo era alto e stretto. Oggi la mezza con panna è in bicchieri a forma di vaso mignon o in coppe. Improrogabile è accompagnarla con la fatidica brioche dal bel tuppo, come a ricordare i capelli avvolti in chignon da una bella ragazza. È così appetibile, come solo i pasticceri siciliani sanno creare. Oltre alla semplice granita ai limoni di Sicilia troviamo quella alla minnulata o alla mandorla, al pistacchio di Bronte, al cioccolato, ai frutti di bosco, alla fragola e… Chi più ne ha, più ne inventi. Messina è città della granita. Sono in moltissimi i turisti che, giunti con la nave, si approcciano alla fresca e dissetante “bevanda” mattutina. Già! È bene ricordare nel tempo i “brand”, divenute gelaterie famose nel mondo, Irrera, Billè, Galimi, Robert, Sciarrone, Trinacria, Lombardo. Oggi è assai raro che, chi giunga a Messina, non si fermi al chiosco del Tedesco. Famoso per i suoi generosi doppi dosaggi di granita, “ prendi 2 paghi una”. La grondante granita del Tedesco è tanto gradita dai passanti anche per i prezzi modici. Lì si propone gusto e frescura nel gazebo ed al suo bar. Non è da meno “Il buon mattino” di Loredana e Gaetano Ungaro, laboratorio di gelateria- pasticceria, dalle granite più caratteristiche. L’impresa di “Tanino”, nota per gli squisiti supercornetti, brioche e la torta setteveli, è fiore all’occhiello per i Messinesi e tutta la provincia peloritana. La granita trascende dalle malinconie, dalle tristezze della quotidianità. Ricordando il passato permane quel pizzico di nostalgia… di rimpianto per aver perduto chi ce l’ha fatta conoscere e gustare sin da bambini. La Sicilia, terra di sole, del carrettino siciliano, del marranzano, del tamburello e dei canti folcloristici è, soprattutto, terra d’amore. L’isola rimarrà, con le sua arte culinaria, con i dolci e gelati, lo specchio del cuore di chi ci vive. La ricetta della granita siciliana, giunta anche in America, viene spesso decantata dalla conduttrice del programma radiofonico Sabato Italiano di Radio Hofstra University di New York, Cav. Josephine Buscaglia Maietta di Castelvetrano. È Josephine, che elenca al suo pubblico le straordinarie qualità del bicchiere dissetante. Gli emigrati in terra straniera, che la amano come la loro seconda patria, assaporano idealmente l’unicità delle leccornìe e ambrosie, che l’Italia ha tramandato attraverso i suoi figli nel mondo