L’associazione ambientalista con uno striscione di sei metri con scritto NO PONTE, esposto via terra sulla spiaggia di Torre Faro, e con la sua storica imbarcazione in “azione” via mare lungo lo Stretto, ha espresso la sua contrarietà per un’opera faraonica utile solo a sperperare altri soldi pubblici in studi, consulenze e stipendi della Società Stretto di Messina.
Un’opera che di fatto ha distolto l’attenzione dalle vere priorità su cui in realtà si dovrebbe lavorare: in primis migliorare il trasporto su ferro per collegare meglio le due regioni con il resto della Penisola; migliorare quello via nave con l’acquisto dei traghetti Ro-Ro (Roll-on/Roll-off) e convertire le flotte attuali in traghetti elettrici, replicando anche quelle esperienze virtuose sull’utilizzo dei traghetti elettrici che arrivano dall’estero; rendere più efficienti i servizi coordinando l’offerta dei diversi servizi per semplificare gli spostamenti e gli scambi tra treni, autobus locali e regionali, traghetti; integrare tariffe e biglietti dei vari gestori, migliorando l’offerta di viaggio per i pendolari con costi minimi per le casse pubbliche. Solo così in Sicilia e Calabria si potranno far spostare persone e merci in modo civile e da Paese moderno.
Sulla Spiaggia dell’Horcynus numerosi attivisti di NO Ponte Capo Peloro hanno accolto Goletta Verde e Legambiente con bandiere ed aquiloni.
Per Legambiente il Ponte sullo Stretto di Messina rappresenta solo un grande abbaglio come ben racconta nel dossier “Il grande bluff. La verità sul ponte sullo Stretto” diffuso e presentato oggi a Messina e in cui l’associazione ambientalista mette in luce alcuni nodi del decreto-legge approvato il 16 marzo scorso dal Consiglio dei Ministri e della relazione del Gruppo di Lavoro2 incaricato dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile e in cui analizza alcune fake news sul Ponte. Tre in particolare i nodi che Legambiente evidenzia insieme a cinque bufale sul Ponte.
I nodi: In primis c’è da sottolineare che il decreto-legge in questione, che riporta in vita la Società Stretto di Messina con una dote finanziaria di 50 milioni di euro per il 2023, non specifica la copertura finanziaria dell’opera né l’iter per le autorizzazioni ambientali. Seconda questione riguarda la Relazione del Gruppo di Lavoro2 incaricato dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, del 2021, in cui si si legge che il 76,2% degli spostamenti su nave in ambito locale avviene da parte di passeggeri senza auto al seguito, e complessivamente sono 4.500 le persone che ogni giorno si muovono tra le due sponde, un numero assai esiguo a confronto con altre direttrici nazionali. Legambiente ricorda che per questi spostamenti oggi esiste un’offerta articolata con cinque compagnie che operano con servizio passeggeri e auto al seguito o treno con tempi medi di percorrenza di 30 minuti: 1. lungo la direttrice Messina-Reggio Calabria per le persone con la possibilità di auto al seguito; 2. sulla rotta Messina-Villa San Giovanni per persone, auto e camion, treni; 3. da Tremestieri verso Villa San Giovanni per camion e auto.
Terza questione, la citata Relazione del Gruppo di Lavoro al Ministero, evidenziava i veri punti critici di questi spostamenti, ossia la bassa qualità dei terminali passeggeri, la bassa accessibilità alle stazioni dei treni, la vetustà dei traghetti, la scarsa organizzazione delle coincidenze con il trasporto pubblico locale, oltre alla carenza di percorsi pedonali e ciclabili. Tutti interventi urgenti, che per Legambiente sono realizzabili in tempi brevi e che potrebbero rendere più attraente, anche per i turisti, queste aree della Sicilia e della Calabria e aiutare studenti e pendolari, ma che sono continuamente rinviati perché assurdamente considerati alternativi al Ponte. Eppure, le risorse ci sono. Il PNRR prevede risorse per la riqualificazione delle stazioni ferroviarie e dei terminali marittimi, e destina 60 milioni a Rete Ferroviaria Italiana Spa per l’acquisto di tre nuove navi passeggeri per l’attraversamento dello Stretto e 20 milioni per le navi che traghetteranno i treni con alimentazione ibrida. Per le flotte private sono inoltre disponibili 35 milioni per il rinnovo dei mezzi. Infine, per i collegamenti di lunga distanza è previsto l’acquisto di 12 treni Frecciarossa da 4 vagoni ciascuno, capaci di essere traghettati attraverso lo Stretto senza scomporli, risparmiando nei tempi. Risorse e interventi che permetterebbero di migliorare la situazione: Legambiente ricorda che ad oggi in Sicilia e in Calabria, ad esempio, le corse dei treni regionali sono ogni giorno rispettivamente 506 e 333 contro ad esempio le 2.173 della Lombardia. In Calabria la flotta dei rotabili è composta da 99 treni regionali (tra Trenitalia e Ferrovie della Calabria), mentre in Sicilia sono 122 (Trenitalia e Circumetnea). Lontanissimi dalle flotte di regioni quali la Toscana (253) o l’Emilia-Romagna (166). In Calabria sono 686 i km a binario unico su 965 km totali di rete ferroviaria, ossia il 69,6%. In Sicilia i numeri parlano ancora più chiaro: qui sono addirittura 1.267 i km di linee a binario unico, l’85% del totale di 1.490 km. Ci sono poi tante linee che hanno un enorme potenziale, ma che al momento non esistono, sono sospese o vedono transitare pochissimi treni al giorno perché in attesa di lavori infrastrutturali.
“Per risolvere i problemi di mobilità del Mezzogiorno, per l’ennesima volta nella storia del Paese – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – si torna a discutere paradossalmente della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, il cui costo è stato stimato recentemente dal DEF in almeno 13,5 miliardi di euro, per collegare più velocemente Calabria e Sicilia, dove oggi per arrivare da Trapani a Ragusa ci si impiegano 13 ore e 14 minuti, cambiando quattro treni regionali. È davvero senza senso continuare a parlare di una simile cattedrale nel deserto che non serve né ai siciliani, né ai calabresi, né a chi va in queste regioni per turismo o lavoro. Ci sono, infatti, tantissimi investimenti e opere pubbliche da fare nel settore dei trasporti, meno visibili mediaticamente del Ponte sullo Stretto, ma molto più utili alla collettività e all’economia del nostro Paese, a partire dai territori direttamente interessati, dove persone e merci non si muovono come in qualsiasi paese civile. È arrivato il momento di concretizzarli, aprendo i tanti cantieri della transizione ecologica che servono al Paese, potenziando e non indebolendo gli strumenti di partecipazione previsti dal Codice degli appalti approvato dall’attuale esecutivo”.
“In Sicilia e Calabria quello che è sempre mancato – aggiungono il presidente di Legambiente Sicilia Giuseppe Alfieri e Anna Parretta presidente di Legambiente Calabria – è un progetto per rendere più semplice la vita e gli spostamenti tra Messina, Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Tremestieri, per i pendolari, i cittadini e i tanti turisti, con servizi integrati e coincidenze per ridurre i tempi di spostamenti. Bisogna migliorare il trasporto su ferro e i servizi di traghettamento esistenti e sviluppare una seria alternativa progettuale, tramite interventi sul sistema infrastrutturale e logistico, con innovazioni tecnologiche per favorire l’instradamento dei treni e l’accessibilità degli autoveicoli per i collegamenti tra continente e Sicilia”.
Cinque Bufale sul Ponte: Legambiente sottolinea che: 1) Non è vero che infrastrutture di questo tipo e di questa lunghezza si fanno ovunque. Il progetto prevede una campata unica di 3,3 km di lunghezza, mentre la campata più lunga al mondo, quella del Ponte dei Dardanelli in Turchia, è di circa 2 km di lunghezza ed è solo stradale, senza binari ferroviari. L’area dello Stretto di Messina è ad elevata attività geologica e sismica: la Calabria meridionale e la Sicilia Orientale sono ricomprese nella Zona sismica 1 (a maggiore pericolosità), secondo la Classificazione sismica – aggiornata al novembre 2020, del Dipartimento della Protezione Civile.
2) Non è vero che il Ponte serve a chi ogni giorno si sposta da una sponda all’altra dello stretto. ll punto minimo di attraversamento, considerato come condizione necessaria alla realizzazione del Ponte a campata unica, allontana l’attraversamento dai baricentri delle aree metropolitane di Messina e Reggio Calabria, peggiorando o non migliorando nei fatti gli spostamenti e i tempi di percorrenza tra i due centri principali dell’area alle 4.500 persone che ogni giorno si muovono tra le due sponde.
3) Non è vero che il Ponte collegherebbe le città siciliane rapidamente con Roma grazie all’alta velocità. Secondo le previsioni di Ferrovie dello Stato, il tempo di percorrenza tra Roma e Palermo sarà di sette ore; questo, tra l’altro, solo quando anche i lavori dell’alta velocità tra Palermo e Messina e tra Reggio Calabria e Salerno saranno completati. Chiaramente tempi non competitivi rispetto ai collegamenti aerei.
4) Non è vero che il ponte sarà sostenibile dal punto di vista ambientale. Qualunque sforzo per rendere sostenibile ambientalmente un’infrastruttura di questo tipo verrebbe annullato dall’impatto generato sulle due Zone di Protezione Speciale presenti (sul lato calabrese la ZPS della Costa Viola e su quello siciliano dalla ZPS dei Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antenna a Mare e area marina dello Stretto) oltre che da un sistema di ben 11 ZSC (Zone Speciali di Conservazione).
5) Non è vero che il ponte è economicamente sostenibile. È stato già speso circa 1 miliardo di euro in progetti, senza realizzare alcuna opera, mentre ancora non si ha idea di quanto effettivamente, a fine lavori, costerebbe. Si tratta inoltre di un’infrastruttura che è passata dai quasi 5 miliardi del 2001 (delibera Cipe 121/2001) ai 6,3 miliardi stimati dalla Corte dei conti nel 2011, fino agli 8,5 miliardi dell’anno seguente. Nell’ultimo aggiornamento del Documento di economia e finanza dello scorso aprile, il costo per la realizzazione del Ponte (escluse le opere connesse su entrambe le sponde) è di 13,5 miliardi di euro.