“Teatri di Naso”, ultimo appuntamento. La rassegna di drammaturgia italiana contemporanea, di cui è direttore artistico Roberto Zorn Bonaventura e che ha ottenuto grande gradimento da parte del pubblico della zona dei Nebrodi, è arrivata alla conclusione.
Domenica 22 dicembre (ore 17,30), andrà in scena “Un uomo a metà”, con la regia dello stesso Bonaventura e l’interpretazione di Gianluca Cesale.
I costumi e gli elementi scenici sono di Francesca Cannavò. Lo spettacolo ha vinto E45 Napoli Fringe Festival 2015 e il testo è arrivato al secondo posto del concorso per monologhi “Per voce sola” nel 2014.
«Desidero esprimere la mia personale soddisfazione – ha detto Bonaventura – per l’accoglienza che il pubblico, che desidero ringraziare, ha riservato a questa nostra manifestazione. E ringrazio anche l’amministrazione comunale di Naso, con in testa il sindaco Gaetano Nanì, per aver creduto in questo progetto. Gli applausi che hanno ottenuto tutti gli spettacoli dimostrano che la drammaturgia italiana è viva e sempre in grado di essere alla base di spettacoli interessanti».
Questa, in breve, la trama di “Un uomo a metà”. Giuseppe lavora come rappresentante di articoli religiosi. Il padre e la madre, pensionati, passano il proprio tempo a “Manhattan” una sala bingo nella quale dilapidano la propria pensione. Il nonno, un vecchio fascista reduce delle guerre coloniali, dopo un ictus è costretto su una sedia a rotelle curato da una badante singalese. Giuseppe è fidanzato da sempre con Maria, ricca figlia del padrone del più grande negozio di articoli religiosi di Roma. Si avvicina la data del matrimonio ma Giuseppe ha un problema: è impotente. Il giorno prima delle nozze si sottopone malvolentieri al rito dell’addio al celibato con gli amici. Proprio quella notte scopre in maniera rocambolesca la propria sessualità. La carica dirompente di questa rivelazione lo porta a realizzare una parte di sé nascosta che metterà in luce e rivoluzionerà il rapporto col mondo che lo circonda fino alle estreme conseguenze.
«Giuseppe – scrive Bonaventura nelle note di regia -vive in una gabbia e finisce in una gabbia. Non riesce a liberarsi di niente, non riesce a conquistare niente. Si illude di essere più furbo, di trovare il modo di vivere meglio degli altri. Ma non riuscirà mai a farlo, neanche sul più bello, quando gli sembrerà di essere lontano da tutto, lontano da tutto quello che lo aveva circondato, cresciuto e affossato. Da questo prende spunto il lavoro che abbiamo messo in scena. Il testo ci costringeva a mettere l’attore in gabbia, ma per farlo non abbiamo sentito il bisogno di scenografie imponenti. La società non ha bisogno di sbarre per costringerti in uno spazio. E il nostro spazio è quello, vuoto, del palcoscenico. Per questo Giuseppe all’ingresso del pubblico in sala, cammina senza sosta e senza meta, perso, sulle tavole del palco. È ingabbiato e non può fare altro che raccontare la sua storia, ancora e ancora».