Un vizio di famiglia
Stéphane lavora svogliata in una fabbrica di conserve alimentari. Ogni sera rincasa in una camera subaffittata e nel tempo libero fa visita alla sua compagna in prigione. La vita non le ha fatto sconti ma è sempre disposta a sfidarla. Una sera decide di contattare il padre che non ha mai conosciuto. Dall’altra parte del filo, l’uomo accetta di incontrarla. Serge è un ricco imprenditore della Costa Azzurra e Stéphane vuole la sua parte, con buona pace della figlia legittima e dell’eccentrica consorte. Ma quel padre carismatico e generoso tradisce presto un lato oscuro. Stéphane non è da meno e forse non è nemmeno chi dice di essere.
E in quella atmosfera mortifera di argenti e decadenza, un gineceo degenerato avanza nel suo piano criminale: uccidere il maschio alfa. A colpi di usurpazione e scambi di identità, L’origine del male costruisce il suo racconto sulla figura del ‘parassita perturbatore’. Un corpo estraneo che insinua l’opera di Marnier e un ambiente chiuso dal di dentro.
Se ieri era un supplente chiamato a rimpiazzare un collega in una classe di allievi insostenibili, oggi è una mistificatrice della classe operaia a infiltrare la borghesia imprenditoriale e a fare saltare i suoi equilibri. Perché L’origine del male tesse una riflessione più insinuante, e più solidamente incarnata, sulla società e sul prezzo delle ingiustizie istituite.
Il furto di identità è il grande affaire del film, un film à suspense che soffre di una certa ridondanza ma che può contare su un gruppo di attori saldi e formidabilmente opachi.