Era il 1999 quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituiva la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, fissandone la data per il 25 novembre. Oggi, a distanza di ventiquattro anni, quella giornata rappresenta  ben più del simbolo della lotta e della resistenza delle donne e si carica di nuovi significati che convergono in un’unica direzione, quella della sensibilizzazione sulla violenza di genere. Un tema che passa inevitabilmente per la prevenzione e che anche a Messina è molto sentito: proprio nell’ambito delle celebrazioni dedicate alla Giornata internazionale, il C.I.R.S. Casa Famiglia di Messina ha promosso l’iniziativa “La coperta di Beatrice”, in collaborazione con l’Acisjf sezione di Messina, la Polizia di Stato e numerose associazioni, scuole e privati.

Nel corso degli scorsi mesi, i partner aderenti hanno confezionato parti di coperte create a maglia e all’uncinetto, destinate ad essere messe insieme per formare una grande coperta, emblema di una rete virtuosa che dica basta alla violenza sulle donne; la grande coperta è stata infatti distesa lungo la scalinata di via Monsignor Francesco Bruno, svelando un caleidoscopio di colori e motivi. Non sono mancati, inoltre, flashmob e momenti di riflessione principiati dalla lettura di poesie a tema, sullo sfondo di video contro la violenza sulle donne proiettati durante l’evento. L’iniziativa si accompagna ad una raccolta fondi, avente come oggetto le coperte stesse: chi lo desidera potrà acquistarle facendo una donazione, il cui ricavato sarà interamente devoluto al C.I.R.S. Casa famiglia ETS e all’Acisjf di Messina e destinato a progetti di formazione e inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza.

Hanno prese parte all’iniziativa la presidente del CIRS Maria Celeste Celi, l’assessora alla Pari Opportunità Liana Cannata, il vice questore aggiunto Rosa Cascio, il comitato Copertina di Beatrice e i rappresentanti di numerosi partner, tra i quali la Soroptimist Club Messina, la Fidapa Messina, la Rete Nazionale antiviolenza Frida Kahlo, L’Arcigay Messina e l’istituto comprensivo Albino Luciani, curatore delle spille rosse indossate dalle donne della rete CIRS.

Il progetto, realizzato anche in altre importanti città italiane, deve il suo nome ad una storia a lieto fine che anni fa vide protagonista la piccola Beatrice, figlia di una giovane donna ai tempi ospite della casa famiglia del CIRS. Attraverso un lungo percorso di reinserimento, la donna è riuscita a lasciare la struttura e a costruirsi una vita serena, al fianco della sua bimba e del suo compagno. “La coperta di Beatrice” coltiva l’intento di dire no alla violenza e scrivere la parola fine ai reati di genere e nel perseguire questo obiettivo non dimentica di celebrare la rinascita e il riscatto di chi ce l’ha fatta. Racconti di vita drammatici che, grazie ad una rete a maglie strette di calore, supporto e protezione, oggi hanno lasciato alle spalle un passato di abusi e soprusi.

A chiusura di questo servizio, un paio di parole che nascono da una mia personale considerazione. Una decina di giorni la macchina della ricerca si metteva in moto per la scomparsa di Giulia, mentre l’intera nazione temeva per le sue sorti, quasi a rinvenire nella dinamica della sparizione della laureanda veneta la cronaca di un femminicidio annunciato. A pochi giorni dal ritrovamento del corpo senza vita, tra ieri ed avantieri si sono consumate altre due tragedie: una sessantenne strangolata a mani nude dal marito all’intento della propria abitazione e una ventitreenne sfregiata in volto con l’acido muriatico dall’ex ragazzo, miracolata dall’intervento di un passante accorso in suo aiuto. L’elenco di vittime di violenza di genere si allunga ancora, inesorabile. A dispetto di fiaccolate, minuti di silenzio (o di rumore), retorica e belle parole. Perché il problema è tutto lì: le parole restano parole, i fatti fanno, e anche tanto male. Dolore, rabbia, frustrazione ma soprattutto un profondo senso di impotenza nei confronti di quella sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale che da secoli perpetua la subordinazione e l’annientamento dell’identità femminile: un crimine d’odio misogino portato all’ennesima potenza che nell’assoggettamento fisico e psicologico trova il mezzo e nella morte il fine. La famiglia, la scuola, la società tutta sono chiamate a costruire una contronarrazione prima e una nuova realtà dopo, allo scopo di sradicare quella vasta sterpaglia concimata con il seme del possesso, espressione della cultura  patriarcale e tratteggiare con pennellate decise un quadro dalle mille sfumature d’amore, il vero amore, non quello tossico, malato e criminale di cui sono vittime ad oggi, solo nel nostro Paese, centosei donne.

A tutte le Giulia d’Italia, affinché la loro strada non incroci mai quella di un Filippo.

Alle donne di oggi e di domani, alla libertà di autodeterminarsi, al diritto di amare ed essere amate.