Giorgio Bortoli, noto scultore italiano, dona all’America, davanti al Museo Meucci-Garibaldi, la sua maestosa opera.

Sono emozioni forti quelle che si provano nell’intervistare un protagonista d’eccezione.

È come trovare dentro una conchiglia una rara perla naturale.

Il nostro intervistato è lui, Giorgio Bortoli. La sensazione più evidente è quella di essere vicino ad un artista speciale, un personaggio che è in primis una persona vera, ricca di sentimenti. Indossa le vesti di un grande Titano, perché lo è diventato dopo la sua gigantesca scultura , la “Torre di Luce”. In realtà è un grande scultore originale veneziano. Si definisce “umile scalpellino” di Venezia, da genitori e discendenti veneti.

 Ha lavorato in Germania, dove sostiene  “di essersi fatto le ossa”. Ha iniziato a fare lo scultore da bambino, si cita testuale “artisti si nasce, non si diventa”. Ha sempre creduto nel suo lavoro. È anche figlio d’arte, perchè la passione proviene dal nonno, che aveva realizzato tante belle opere. Con il suo flashback ci ricorda la sua stirpe di elettricisti, che hanno cablato l’Elettricità della sua città, che anticamente era illuminata a petrolio. È così che è arrivata l’energia elettrica a Venezia. Sono stati Artigiani e Stampatori nel periodo della Serenissima. Gli Armeni di Venezia sono stati stampatori, tuttavia nell’isola degli Armeni, la stamperia fu acquistata dalla famiglia Bortoli. Una famiglia, quindi di grandi lavoratori. Il nonno dipingeva e amava la musica. Durante la 2’ guerra mondiale, quando gli Ebrei vennero perseguitati, si nascondevano nelle soffitte. Fu suo nonno a salvare tante vite umane. Ci racconta che avendolo confidato ad un rabbino, ha potuto constatare quanto bene avesse fatto il suo progenitore. Gli italiani, con orgoglio, li definisce “popolo generoso”, che deve fare sempre squadra. Giorgio è un tecnico autodidatta, che per le sue alte doti può essere definito “Ingegnere mancato”. Svolge un ruolo presso il Ministero dei beni culturali. Aveva tentato ad Aviano di fare spedire in America la sua  bella  “Torre di Luce”, su un velivolo,  poi non possibile. Ora sta lavorando su un progetto, che rappresenta una problematica davvero importante, il tema del rispetto della donna. Ha realizzato, insieme agli studenti del Politecnico un’enorme scarpa da donna, presentandola alla Mostra del cinema di Venezia, ottenendo un premio collaterale. Si propone di portarla a Ginevra, dove c’è già una sua scultura nel palazzo dell’ONU ed un altro progetto per le Olimpiadi del 2026. L’opera maestosa di Giorgio Bortoli, che sta facendo parlare tutto il mondo è la “Torre di luce”. È un progetto che parte da Venezia tanti anni fa, con il Sindaco filosofo Massimo Caciari. L’idea era di gemellare le due città d’acqua, Venezia e New York, con i grattacieli e i campanili. Un discorso dì verticalità. Si va indietro di più di vent’anni, prima del crollo delle Torri gemelle. Da una ricerca all’Istituto di Architettura a Venezia si viene a conoscenza che nel 1902 era crollato il campanile di San Marco, mentre  in fase di ricostruzione del “Baron di casa”, a New York costruivano il Metropolitan life  Tower, Torre della vita, di una compagnia di Assicurazioni.

L’idea di gemellare era di creare un’Archiscultura di 12 metri, dove ha cercato di inserire, all’interno due torri, cioè due campanili: il Metropolitan in acciaio inox contiene, in 6 metri, esattamente metà, il Campanile di San Marco, costruito con mattonelle, formelle di vetro di Murano. L’antico e il moderno, il vetro di Murano con il presente, New York, in acciaio. Da lì è partito il Progetto, presentato in Canal grande, presentato nella Biennale dì Venezia, in un discorso itinerante. Trasportato per la Laguna, per Burano, all’Aeroporto di Venezia, fino a sconfinare nel Friuli, nella base militare di Aviano, per essere portato a New York. Giorni fa la maestosa scultura è stata posta e inaugurata  dinanzi alla casa- museo di Staten Island, New York , Museo Meucci-Garibaldi. Durante l’inaugurazione con l’organizzazione impeccabile dell’italoamericana, Cav. Josephine Buscaglia Maietta, conduttrice e Promoter della trasmissione radiofonica Sabato italiano di Radio Hofstra University di New York, tutto il pubblico presente ha potuto ascoltare in sottofondo la canzone: Le Luci di New York, del cantautore anconitano Stefano Spazzi. La canzone, così come  la Torre di Luce”,  ha citato la Maietta, rappresenta ogni italoamericano che vive a New York e che illumina, con i propri sentimenti ancorati alle radici, la metropoli dei grattacieli. Il progetto di Bortoli, tramite Josephine è sponsorizzato ogni fine settimana radiofonicamente, nellla trasmissione “Sabato italiano” che viene ascoltata dall’Europa all’Australia. L’intervista si conclude con delle bellissime parole dell’artista veneziano: “Io credo nell’Unità del nostro popolo. Credo negli italiani sparsi nel mondo, in America e persino in Australia. Non bisogna trascurare gli emigrati. Sono stato in Sicilia, avendola visitata in lungo e in largo ed ho molti amici. La Sicilia è una terra meravigliosa che tutto il mondo ci invidia”.