Dal Comitato “Invece del ponte – Cittadini per lo sviluppo sostenibile dell’area dello Stretto” riceviamo:
“I rilievi mossi in Commissione dal Presidente dell’ANAC, Giuseppe Busia, al DL ponte hanno impensierito non poco i pontisti (interessati o sinceri che siano). Prima una massiccia risposta tecnica con le tesi anti-ANAC di WeBuild, SdM e Ministero delle Infrastrutture, poi l’intervento dei “pontisti infrastrutturisti”, che tenta di buttarla in politica, pretendendo di decidere quali argomenti siano giuridicamente rilevanti e quali no. Un autoproclamato “Consiglio di Stato” ad hoc per il ponte.
Proviamo a sintetizzare.
ANAC muove rilievi su procedure, contratti e costi del ponte. E sono rilievi pesanti.
Sotto il profilo procedurale, ANAC considera il progetto preliminare del 2011 non approvato e indica la necessità di approvazione da un soggetto terzo. La replica sostiene che le validazioni “interne” di Stretto di Messina sono pienamente sufficienti, essendo state precedute dalla valutazione di Parsons (soggetto terzo). In realtà quando il Governo Monti caducò i contratti, il progetto definitivo non aveva ottenuto tutte le autorizzazioni di legge. Il Ministero dell’Ambiente, infatti, col parere n. 1185 del 15/03/2013 negò al progetto la “Compatibilità ambientale” perché il progetto forniva risposte “parziali, lacunose e non esaustive”.
ANAC poi qualifica “indefiniti” i costi del progetto, sottolinea la necessità di imporre espliciti limiti all’aumento dei costi e pone la questione del “contratto di riferimento”: il valore dell’opera con cui confrontare l’incremento dei costi è quello di aggiudicazione del 2003 o quello della proposta di progetto del 2011? La replica sostiene che il costo sarà soggetto solo a variazioni “secondarie”, che il limite di incremento del valore è stabilito già dalla legge e, in merito al valore di riferimento, che il contratto (3,9 miliardi al 2003) era cresciuto di circa 1 miliardo per “l’inserimento di opere connesse“ e che a questo valore devono essere applicati gli aumenti dovuti all’inflazione. In proposito va detto che le varianti al progetto del 2003 non sono affatto “secondarie”, ma “sostanziali”. A dirlo è ancora il Ministero dell’Ambiente nel “parere” del 2013, laddove riferisce di “opere di variante strutturali … sul versante siciliano e sul versante calabro”. Ciò non può non riflettersi sul valore delle varianti (e del contratto), giustificando pienamente le preoccupazioni di ANAC.
Anche la questione della rinuncia al contenzioso da parte del Contraente è molto più che una boutade. È stato autorevolmente spiegato in audizione che il Decreto sul ponte si giustifica perché ha natura transattiva. E la transazione, per definizione, è un reciproco cedimento di pretese da parte di tutte le parti in causa. ANAC rileva che, col Decreto, lo Stato rinuncia alla “caducazione” mentre il Contraente Generale sembra non rinunciare a niente. Tra il resto, in primo grado il Tribunale di Roma ha dato ragione allo Stato e torto al Contraente Generale. Una sentenza di primo grado favorevole mal si concilia con una transazione che appare un cedimento senza controvalore alle pretese del ricorrente.
Al di là della propaganda, il “fronte del ponte” appare molto preoccupato per i rilievi di ANAC, e fa la voce grossa tentando di politicizzare l’Autorità o di screditarla sotto il profilo della competenza giuridica. Non crediamo che ANAC si faccia intimidire da questi strali, continuando invece a svolgere il suo ruolo istituzionale di garanzia per i cittadini.”