Pianse il mondo quell’8 aprile del 1973, quando chiuse per sempre gli occhi l’artista più straordinario e controverso di tutto il XX secolo.
Pablo Picasso lasciò questo mondo vestendo la sua arte da spartiacque da visione del mondo concepita come mera riproduzione del reale a strumento che scompone la realtà e “restituisce la forza nuda della coscienza”.
Per celebrare questo anniversario, la galleria d’arte Spazio Macos di Via Cardines ha inaugurato una collettiva, curata da Mamy Costa.
Il suo impatto è stato fortissimo, alla stregua dei grandi pittori e scultori del mondo antico, perno attorno al quale ruota tutta l’arte contemporanea.
La dottoressa Dominga Carrubba sottolinea che “le poesie di Pablo Picasso sono quadri con parole mescolate ai colori dell’anima, scritte d’impulso, tutte assieme, una dietro l’altra, come le tante cose e figure affiancate, sovrapposte, accumulate in ordine confuso nei dipinti”.
Presentando le opere degli artisti, il Professor Massimo Di Bella parla di “immersione nel passato attraverso il presente, in quello che fu definito come fenomeno del cubismo in tutte le sue evoluzioni, contraddizioni e superamenti, un modo per comprendere fino in fondo la rivoluzione stilistica e linguistica della pittura fino ai giorni nostri. Il fenomeno del cubismo ha radici che affondano nella vita di Picasso, nella sua evoluzione e sperimentazione pittorica e scultorea, agevolato da un’ambiente socioculturale parigino di inizio ‘900, che con fermezza richiedeva una nuova idea di realtà, di rappresentazione e di esposizione, ma più di ogni altra cosa, una nuova società funzionale, in cui Picasso ha saputo rielaborare e restituire attraverso il suo sguardo, “con ciò che lui vedeva e non ciò che vedevano tutti gli altri”.